Storie di ricerca

Quando i frammenti si raccontano: le biografie millenarie delle ceramiche di Adulis

I frammenti di ceramica sono considerati spesso reperti "silenziosi" negli scavi archeologici. Eppure, la ceramica è una delle più importanti fonti di informazione sulle culture antiche, e deve essere studiata con diversi approcci per indagare i misteri che si celano dietro le tecnologie di produzione e uso.  Quando e dove è stato prodotto l'oggetto? Come è stato fabbricato e con quale funzione? Il mio lavoro consiste nello studio di frammenti di ceramica del I millennio a.C. scavati nel sito archeologico di Adulis in Eritrea, in collaborazione con geologi, chimici e fisici (progetto T4C*).

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Lo studio di frammenti di ceramica con approcci archeologici e scientifici permette di ricostruire le azioni dei vasai che hanno prodotto quei materiali in passato. L'obiettivo è cercare tracce dei processi specifici della produzione dei materiali ceramici utilizzando metodi analitici impiegati da geologi, chimici e fisici, e di interpretare le informazioni ottenute per scrivere le biografie di questi materiali.

Per ottenere dei risultati validi è necessaria la collaborazione di archeologi e scienziati esperti nell'analisi dei materiali archeologici. Il primo passo consiste essenzialmente nella selezione dei materiali da analizzare che deve essere fatta in modo da garantire la rappresentatività delle diverse tipologie di forme delle ceramiche. In molti casi, si raccolgono e si studiano in laboratorio anche campioni dell’argilla grezza che potrebbe essere stata utilizzata in passato per la fabbricazione delle ceramiche e i resti di antiche fornaci per la cottura delle ceramiche. Una volta che i campioni di ceramica, argille grezze e resti di fornaci (se presenti) vengono portati in laboratorio, l'obiettivo principale delle analisi sta nel determinare la composizione dei diversi materia per stabilire dove e come sono stati prodotti.

I costituenti materiali degli oggetti di ceramica possono essere studiati con una microscopia speciale usata nelle geoscienze: questo ci permette di risalire ai minerali con cui è stata prodotta la ceramica e di metterli in relazione con la geologia di un'area specifica. In altre parole, con questo approccio possiamo risalire alla fonte delle materie prime e sapere dove è avvenuta la produzione. In modo simile, utilizzando il microscopio elettronico, è possibile conoscere meglio come venivano prodotti gli oggetti in quanto è possibile osservare le diverse tecniche di lavorazione della ceramica che i vasai del passato utilizzavano prima o dopo la cottura. Con il microscopio elettronico possiamo anche valutare cosa succedeva durante la cottura e quali strutture si sviluppavano quando gli oggetti di ceramica venivano cotti a determinate temperature.

Anche l’uso dei raggi X permette di acquisire informazioni sulle ceramiche: la diffrazione a raggi X è una tecnica spesso impiegata in questi studi che permette di identificare i minerali presenti nelle ceramiche e le diverse fasi mineralogiche che si producono durante la cottura. D'altra parte, si possono impiegare diversi tipi di analisi chimiche per ottenere informazioni sulla composizione dei materiali e dai risultati ottenuti possiamo distinguere quali oggetti sono stati prodotti usando materie prime simili o nello stesso luogo, e quali sono stati invece prodotti con materiali diversi.

Infine, anche i residui rimasti attaccati alle superfici delle ceramiche possono essere utili per capire come sono stati usati questi oggetti in passato. A questo scopo si applicano tecniche e protocolli analitici sviluppati nel campo della chimica e delle scienze biomolecolari, per estrarre i residui dai frammenti di ceramica e per identificarli. Alla fine si otterranno informazioni sul tipo di cibo che veniva consumato, o sui liquidi o le sostanze secche che venivano immagazzinate per essere scambiate a distanza.

Riassumendo, i “silenziosi” oggetti di ceramica provenienti dagli scavi o dai depositi museali vengono analizzati con diverse tecniche per ricostruire le loro biografie, interpretando tutte le informazioni che abbiamo citato. In questo modo, la nostra ricerca può fornire agli archeologi informazioni sui modelli di produzione, utilizzo e distribuzione della ceramica da e verso il sito archeologico di Adulis.

Racconto pubblicato nel febbraio 2021


AGGIORNAMENTO DI GIUGNO 2023
La scelta di tecniche di analisi appropriate ci ha permesso di distinguere quali campioni sono stati prodotti nell'area di Adulis e quali sono stati prodotti altrove nella regione del Mar Rosso, nel Mediterraneo e nel mondo dell'Oceano Indiano durante la tarda antichità. Per esempio la ricerca ha dimostrato, che le cosiddette anfore di Ayla rinvenute ad Adulis sono state prodotte nell'area dell'attuale Giordania, permettendo così di mettere in relazione i collegamenti di Adulis con il porto di Ayla nel Mediterraneo orientale, e aggiungendo anche informazioni sulla produzione e la distribuzione di questi vasi di ceramica provenienti dalla costa africana del Mar Rosso. Ma, d’altra parte, questa ricerca ci ha anche permesso di identificare con sicurezza i campioni di ceramica prodotti nell'area di Adulis utilizzando i materiali argillosi disponibili nella zona del sito archeologico.

Tra gli altri, un ulteriore punto di forza della ricerca è stata l'identificazione per la prima volta delle cosiddette giare Torpedo ad Adulis e studiando la natura di alcuni residui neri su alcuni frammenti di queste giare siamo riusciti a stabilire che si trattava, come effettivamente era stato ipotizzato, di bitume, applicato per rendere i vasi impermeabili durante trasporto. Si pensa che questi vasi siano stati prodotti nell'area della Mesopotamia e il loro ritrovamento ad Adulis aggiunge un'altra direzione di contatti con l'area del Golfo Persico.

In conclusione, l'identificazione di aree diverse per la produzione dei vari tipi di ceramica identificati ad Adulis, per i quali talvolta abbiamo potuto addirittura stimare le diverse temperature di cottura a seconda dei luoghi di provenienza, ci ha permesso di sostenere le deduzioni archeologiche dei legami del Corno d'Africa settentrionale con i Bizantini nella tarda antichità. Le ceramiche da trasporto e quelle comuni tardo-romane e bizantine rinvenute negli scavi di Adulis sono quindi particolarmente interessanti per ampliare la nostra comprensione degli scambi commerciali che coinvolgevano l'antica città portuale di Adulis. Il riconoscimento delle ceramiche prodotte ad Adulis ha anche aperto un'altra strada per una futura possibile linea di ricerca che indaghi come Adulis fosse collegata ad altri siti archeologici nel Corno d'Africa settentrionale.

*Il progetto T4C (Technologies for Cultural Heritage) è finanziato dal programma Horizon 2020 per la Ricerca e Innovazione dell'Unione Europea, in accordo con il Marie Skłodowska-Curie grant agreement N. 754511