Storie di ricerca

Incontri ravvicinati in città: un lockdown a tu per tu con gli animali selvatici

Tra le pagine di COVID-19 & Us, una raccolta di testimonianze del periodo pandemico di un gruppo di anziani di Torino e Montreal, si nasconde un fil rouge di impronta ambientale. Da dietro le finestre dei propri appartamenti, molti tra gli autori partecipanti si fermano a osservare e riflettere sulle specie selvatiche che si riappropriano delle città deserte. Un fragile legame, quello tra essere umano e natura, arrivato a un punto di rottura di cui la pandemia è manifestazione.

Dipartimento / Struttura
Lingue e Letterature straniere e Culture moderne

Le narrazioni e le testimonianze dell’epoca della pandemia da COVID-19 e dei conseguenti lockdown sono un genere letterario relativamente nuovo e ancora tutto da studiare. Il progetto di ricerca e terza missione intitolato COVID-19 & Us. Seniors’ Letters to the Future (Nuova Trauben 2021), di cui abbiamo parlato qui, consiste in una raccolta di racconti autobiografici e testimonianze del periodo pandemico di anziani over 60. È l’eredità che la generazione più colpita dall’emergenza sanitaria lascia a quelle future, perché possano affrontare al meglio eventuali momenti simili.

Il lavoro, finanziato dal Governo canadese, ha coinvolto due gruppi per l’invecchiamento attivo, uno di Montreal e uno di Torino: Terzo tempo, coordinato da Enrica Favaro. COVID-19 & Us ha perciò visto la collaborazione del Dipartimento di Lingue e Letterature Straniere e Culture Moderne e del Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università di Torino e l’Associazione degli Scrittori Italo-canadesi (AICW - Accenti Magazine, Montreal).

Sebbene non di matrice ecologista, alcuni racconti si sono soffermati sul mondo animale per come appariva nelle città durante i periodi di lockdown. Molte specie animali autoctone, seppure non estinte, erano scomparse dall’ambiente urbano, per via della frammentazione dei loro habitat naturali, della competizione con specie aliene e la presenza di nuovi predatori, del disturbo antropico e dell’inquinamento acustico, luminoso o chimico. Eppure, durante i periodi delle chiusure, queste specie sono ritornate in città, riappropriandosi di uno spazio lasciato vuoto.

Licia Canton, scrittrice e editor del magazine canadese, nell’introdurre il progetto, ricordava come trascorresse del tempo “osservando i cardinali svolazzare tra i cespugli. Il maschio ha piumaggio rosso brillante, mentre la femmina ha piume grigio-brune. Non li avevo mai notati prima. Forse non erano mai stati nel mio giardino. Oppure, forse non avevo prestato loro attenzione prima della COVID.” Passeggiando con suo figlio, poi, notavano dettagli per la prima volta: “foglie d’acero che spuntavano tra i cespugli in varie proprietà, nuove (per noi!) varietà di tulipani, case in ristrutturazione. D’estate, sedevo nel giardino sul retro a osservare gli scoiattoli e guardavo i piselli crescere sempre più alti ogni giorno”.

Sempre da Montreal, Maria Luisa raccontava di come in un giorno di neve “avesse notato due creature rannicchiate in un angolo del giardino. A guardarli bene non sembravano cani. La sorpresa fu grande quando capii che quella coppia così rannicchiata erano due volpi. Le autorità sconsigliavano di avvicinarsi, poiché nonostante le apparenze miti, potevano rivelarsi pericolose. Le volpi erano disorientate e cercavano un rifugio. Divennero ospiti assidui, onnipresenti. Si accucciavano vicino alla siepe, al sole. Ma, con l’approssimarsi della primavera, scomparvero” (p. 75).

Luisa da Torino ha risposto con le sue “Rondini”: tornate in gran numero, nel silenzio e nella tranquillità del lockdown, per annunciare la primavera. Le rondini sono anche importanti “bio-indicatori”. Durante i lockdown l’aria era pulita e dunque potevano nidificare anche in ambienti urbani (p. 129). Maddalena si compiace per la sua nuova abitudine di camminare a Montreal “riscoprendo uccelli nuovi e fiori mai visti” (p. 10). In modo simile, Shelagh notava come “gli uccelli celebrassero il nostro lockdown, riappropriandosi di luoghi da cui solitamente li scacciavamo, nidificando nei parcheggi vuoti, oppure agli angoli di strade deserte. Il canto degli uccelli era diventato la colonna sonora del nostro paesaggio urbano. Sedevo in giardino e ogni mattina un pettirosso veniva a fare il bagno. Sedevamo, guardandoci reciprocamente. Mi confortava quella nuova amicizia” (p. 94).

Valerio, torinese, faceva notare con un pizzico di pessimismo: “Ci siamo spinti troppo oltre con l’inquinamento. Se anche i pipistrelli mangiano inquinato, chissà cosa succederà. La malattia interviene quando qualcosa smette di funzionare in armonia con la natura” (p. 60), naturalmente alludendo all’inizio della pandemia, quando si pensava, erroneamente, che tutto fosse cominciato con un pipistrello. Al contrario, è stato l’intervento umano a modificare l’ambiente sino a un punto di rottura, di cui la pandemia è manifestazione.

Quest’ultima riflessione, come altre, sono inviti a vivere in armonia con tutti gli altri esseri viventi del pianeta, per evitare l’estinzione e preservare la biodiversità. 

Bibliografia:
C. Concilio (ed.), COVID-19 & Us. Seniors’ Letters to the Future. Texts, Memory Maps, Mémoires au temps de la COVID. Torino, NuovaTrauben, 2021. ISBN 9788899312893.